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Il futuro del design? Progettare (davvero) per tutti

Universal design. Ovvero progettare per tutti. Ma cosa significa davvero? “Per me rappresenta la possibilità di muovermi, di essere libero, di dimenticarmi che sono seduto su una sedia a rotelle”. Così Andrea Stella, fondatore della Onlus “Lo spirito di Stella”. Il velista è stato tra i protagonisti del convegno che abbiamo organizzato in occasione del Salone del Mobile di Milano dal titolo Universal design: progettare per tutti in ufficio, in casa, negli spazi comuni e… in barca. Una serata di confronto e discussione sulla tematica del design for all, con tanti stimoli di riflessione sulla progettazione accessibile provenienti da punti di vista differenti. Ospiti della tavola rotonda anche Barbara Cominelli, ceo del ramo italiano della società di consulenza immobiliare Jones Lang LaSalle; l’architetto Massimo Roj, fondatore del progetto CMR; il vicepresidente di Estel, Massimo Stella.

Universal design: cambia l’approccio anche per le aziende

Il punto di partenza è che è cambiato e sta cambiando l’approccio al tema. Da un design tradizionale che progetta per l’uomo standard si arriva a un design reale che valorizza le persone. Nelle loro diversificate abilità e competenze, ma anche nei loro desideri e nelle loro aspirazioni. “Ripensare gli spazi perché siano per tutti significa valorizzare le differenze che caratterizzano ognuno di noi – conferma Roj –. Gli spazi non devono essere studiati partendo da una singola ‘limitazione’. Devono, piuttosto, essere immaginati affinché chiunque di noi possa utilizzarli in piena autonomia e con facilità”.
Discorso che vale a tutto tondo. Non sono coinvolti, infatti, solo ambienti comuni come musei, università o piazze. Anche le aziende guardano sempre di più con interesse a questo nuovo approccio. “Stiamo assistendo a un grande fermento sul tema dell’universal design – evidenzia Cominelli –, partendo proprio dagli uffici. Qui c’è l’esigenza di trasformare gli spazi in ottica ibrida. Ciò per agevolare un nuovo modo di lavorare, per favorire un’integrazione diversa con la città e per rendere gli spazi più green. Anche il tema dell’inclusività, quindi, diventa centrale nelle strategie di investimento”.

Il design come business case

Progettare spazi a misura di persona è uno dei principi fondamentali della nostra mission e del nostro lavoro quotidiano. Vogliamo che le nostre realizzazioni siano funzionali e piacevoli per tutti, non solo per una categoria di persone piuttosto che un’altra. Ecco perché i principi dell’universal design sono, per noi, un punto di riferimento irrinunciabile. Ricordando che l’universal design si declina in:

“Bisogna pensare a spazi inclusivi a 360° tenendo bene a mente qualsiasi tipo di differenze: dal genere all’età, fino alla neurodiversità – precisa Cominelli –. Quando si parla di universal design si sta parlando, prima di tutto, di persone. Le aziende in questo momento devono e vogliono favorire spazi che garantiscano l’innovazione e stanno immaginando come renderli inclusivi a tutto tondo”. Un concetto che è entrato nella mentalità di molti amministratori delegati e responsabili del personale. “Insieme alla sostenibilità ambientale e l’inclusione, anche il design è diventato a tutti gli effetti un business case” conclude Cominelli.

Inclusione, comfort e sicurezza anche a casa

L’imprenditore deve, insomma, immaginare per i dipendenti ambienti sostenibili, che siano per tutti e con una forte componente digitale. Una sfida che s’interseca con la trasformazione accelerata dalla pandemia. L’ufficio sta cambiando volto, diventando sempre più:

  • luogo di ritrovo;
  • spazio di collaborazione e innovazione;
  • ambiente di confronto tra persone che vivono la comunità.

C’è, poi, un aspetto da non sottovalutare: il lavoro si fa agile. L’home working rappresenta una nuova normalità che resterà anche a pandemia finita, in quella ibridazione più volte evocata. Si tratterà di organizzare il lavoro in modo diverso, riuscendo a trasmettere fiducia a chi opera da remoto, creando momenti di condivisione e prevenendo il rischio burnout. “Chi lavora da casa deve sentirsi integrato, tutelato e in sicurezza esattamente come se fosse in ufficio, con soluzioni in grado di restituire il maggior comfort possibile” sottolinea Massimo Stella, vicepresidente di Estel. L’innovazione dovrà seguire sempre di più il criterio della funzionalità e del design per tutti, per creare soluzioni sempre più performanti.

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